Tumori e rischio di trombosi
L’associazione tra tumori e rischio di trombosi è un fenomeno noto da tempo. Infatti, nelle persone con un cancro la trombosi è la seconda causa più frequente di morte, dopo il tumore stesso.
Le trombosi associate al tumore si definiscono paraneoplastiche.
Le trombosi nei pazienti con tumore interessano principalmente le vene, ma anche le arterie. Le trombosi venose possono essere superficiali o profonde. In entrambi i casi si forma all’interno della vena colpita un coagulo di sangue, che può staccarsi e provocare una grave embolia ai polmoni.
Le trombosi arteriose, invece, compromettono l’apporto di sangue a un arto e quindi vanno operate immediatamente.
Qual è la frequenza delle trombosi nei pazienti con diagnosi di tumore?
Le trombosi compaiono in circa il 15% dei pazienti con diagnosi di tumore. Gli episodi di trombosi si associano a un peggioramento della prognosi. Infatti, i soggetti colpiti da trombosi hanno un tasso di sopravvivenza 6 volte più basso rispetto a quelli con cancro ma senza trombosi.
La trombosi paraneoplastica colpisce soprattutto i maschi più anziani.
Perché i pazienti con tumore sviluppano trombosi?
I tumori in generale aumentano la tendenza del sangue a coagulare, perché le cellule neoplastiche producono delle proteine pro-coagulanti. Tuttavia, anche la risposta immunitaria attivata dall’organismo nei confronti del tumore produce lo stesso tipo di proteine.
Inoltre, le persone affette da tumore hanno di solito altri fattori di rischio di trombosi. Alcuni esempi sono l’immobilizzazione prolungata magari a seguito di operazioni, chemioterapie, interventi chirurgici e infezioni. Un altro fattore di rischio importante è la presenza di cateteri venosi che si usano proprio per le chemioterapie.
Anche alcuni farmaci che si usano per i tumori possono incrementare il rischio di trombosi.
Quali tumori provocano più spesso trombosi?
Alcuni studi hanno mostrato che nel, momento in cui veniva diagnosticata una trombosi, i soggetti presentavano più spesso tumore ai polmoni, pancreas, colon retto, reni e prostata.
Tuttavia, il numero di nuovi casi di trombosi in persone con tumore già diagnosticato era maggiore nel tumore al pancreas.
Il tumore al pancreas è particolarmente aggressivo e comporta un elevato rischio di trombosi sia arteriosa che venosa. A seguire, gli altri tumori che più spesso provocano trombosi sono il tumore ai reni, all’ovaio, al polmone e allo stomaco.
Come si cura la trombosi paraneoplastica?
Il trattamento prevede l’uso di eparina a basso peso molecolare, che si somministra attraverso piccole punture sottocutanee come si fa a seguito di normali interventi chirurgici.
Molti studi scientifici supportano l’uso dell’eparina piuttosto degli anticoagulanti per bocca. In pratica, le eparine sono meglio tollerate e a parità di efficacia anticoagulante danno meno rischio di sanguinamento.
Il dosaggio cambia a seconda che la trombosi sia superficiale (una volta al giorno) o profonda (due volte al giorno).
Quanto dura la terapia?
Secondo le linee guida, la terapia a seguito di una trombosi dovrebbe durare dai 3 ai 6 mesi, ma è da continuare se ci sono particolari fattori predisponenti. Infatti, la presenza del tumore è già di per sé un rischio, e come abbiamo visto i pazienti con tumore hanno spesso altre condizioni predisponenti. Bisogna però sempre tenere conto del rischio di sanguinamento legato alla somministrazione di eparina.
Come prevenire la trombosi paraneoplastica?
Le norme generali di prevenzione non si possono applicare in tutti i casi. I pazienti dovrebbero eliminare la malattia tumorale, ma purtroppo non sempre è possibile. Le raccomandazioni sono di mobilizzarsi il più possibile e tenersi sempre sotto controllo medico.
In alcuni casi, se c’è un rischio particolarmente alto di trombosi, è opportuno fare una profilassi con eparina. La chemioterapia di per sé è un fattore aggiuntivo di rischio per trombosi, ma le linee guida attualmente non raccomandano di fare eparina a tutti i pazienti ambulatoriali che fanno la chemioterapia.
Sottoporsi a un intervento chirurgico per tumore, specie se addominale o pelvico, rappresenta un ulteriore fattore di rischio. Bisogna quindi fare la profilassi sia prima che dopo l’intervento.
Una menzione particolare va ai tumori del cervello: in questi casi, dopo l’intervento neurochirurgico il rischio di trombosi aumenta fino al 60%.
Quali sono le prospettive future?
Non ci sono ancora abbastanza studi per suggerire l’uso degli anticoagulanti orali, che sarebbero decisamente più confortevoli per i pazienti. Al momento, quindi, è opportuno attenersi alle linee guida per ottenere il trattamento più efficace sulla base delle attuali conoscenze.
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